La aministrazion comunâl di Pordenon e à chê di gjavâsi fûr de zone là che si metarà in vore la gnove leç regjonâl su la lenghe furlane. Le propueste e varès di jessi votade za lunis che al ven.
Dal sigûr il furlan al è za di un biel pieç che nol ven fevelât in citât tant che lenghe native, ma al ven doprât di chei che a son vignûts a stâ o a lavorâ in citât de aree furlanofone dal Friûl ocidentâl. E no 'nd è pôcs. Come che a 'nd è ancje di citadins imigrâts che a varessin gust che i lôr fîs a imparassin la lenghe furlane e che lu àn testemoneât tal moment de iscrizion a scuele. Pal Comun di Pordenon, duncje, chescj citadins no valin come chei altris.
Dut câs, forsit, la robe piês al è che Pordenon nol è dome Comun, ma ancje cjâf lûc di Provincie, une Provincie là che la lenghe furlane e je ancjemò ben vive. Se Pordenon al vûl gjavâsi de zone là che si met in vore le leç sul furlan che lu fasi, ma che nol pretindi di rapresentâ dut il Friûl ocidentâl!
Cuâi i coments ae volontât de aministrazion comunâl pordenonese? Tal prin coment o cjatais chel dal vicepresident de Societât Filologjiche Furlane pal Friûl ocidentâl.
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Publicât su "Il Gazzettino" dai 2 di Lui dal 2008
Perché tutelare il friulano a Pordenone
di Pier Carlo Begotti (*)
La decisione che il Comune di Pordenone sta per prendere rispetto alla sua inclusione tra le località in cui la lingua friulana viene usata, merita qualche riflessione. Per prima cosa, non so quanti abbiano letto fino in fondo la legge regionale che riguarda questo argomento e la precedente legge statale 482/1999 che regolamenta la materia delle lingue minoritarie. In ogni caso, da tali strumenti normativi risulta un obbligo per gli Enti Locali di presentare un piano liberamente scelto e di attenersi a quello; dall'applicazione o meno di ciò che si è stabilito di fare deriva l'erogazione dei finanziamenti. Non ci sono, insomma, imposizioni uguali per tutti.
Ma il punto è un altro: se Pordenone debba o no essere inserita tra le località in cui la lingua friulana è parlata. Su questo, la Società Filologica Friulana invita a riflettere sia sulla storia della città sia sulla situazione presente. È indubbio che per il passato a Pordenone si parlava friulano, in una varietà non dissimile da quella di Cordenons, di San Quirino e di Roveredo, pur con alcune sfumature. Esiste anche una produzione letteraria in questo idioma ed esistono testimonianze esterne, di viaggiatori o di studiosi, che attestano tale realtà linguistica. È altrettanto indubbio che la situazione attuale è diversa. Possiamo affermare che a Pordenone si è parlato friulano fino all'Ottocento, quando già questa parlata conviveva con almeno due forme di veneto, uno più orientato verso Venezia, uno verso la terraferma trevigiana. A fine Ottocento sono testimoniati tre dialetti, patrimonio sociale di altrettanti strati della popolazione: quello friulaneggiante, proprio dei ceti lavoratori e delle frazioni e i due veneti, della borghesia e nobiltà e dell'artigianato. Ad avere la meglio, nel corso del Novecento, è stato poi un veneto particolare, mentre le ultime tracce friulane (sebbene qua e là presenti tuttora in parte della sintassi e del lessico, come ben ha mostrato la professoressa Piera Rizzolatti e come vediamo nelle opere di Mario Sartor Ceciliot) persistevano nelle frazioni fino all'ultima guerra.
Da questo punto di vista è legittimo che il Comune di Pordenone si chieda se esiste una sua attuale friulanità linguistica e la risposta non può che essere negativa; altro fatto riguarda coloro che parlano friulano e che sono venuti ad abitare a Pordenone, ma le leggi sopra ricordate non prevedono forme di tutela individuale (vale a dire il singolo parlante, in qualunque sito si trovi ad abitare), ma collettive, vale a dire delle comunità insediate in un territorio.
La Società Filologica Friulana, pertanto, comprenderebbe la decisione del Comune se, nella sua autonomia, deliberasse di non dichiararsi più di lingua friulana.
Ciò comporterebbe il non obbligo di presentare progetti di tipo amministrativo, ma anche la non possibilità per i genitori di scegliere il friulano per i loro figli a scuola e la non possibilità di accedere a finanziamenti per iniziative culturali in cui viene impegnata la lingua friulana.
C'è tuttavia un altro aspetto da tenere in considerazione. Pordenone non è una città qualsiasi, ma è il capoluogo di una provincia in cui si parla friulano nella maggioranza del suo territorio. Deve quindi farsi carico anche delle culture e delle problematiche degli altri Comuni; in questo senso, dovrebbe dare "segnali" che, pur non essendo attualmente luogo di lingua friulana, partecipa però alla realtà linguistica e culturale del suo territorio di riferimento. In parte già lo fa, per esempio attraverso la bellissima collana di volumi dedicati agli scrittori in friulano della provincia, editi dalla Biblioteca Civica. È un buon segnale e sicuramente altri potranno essercene e la Società Filologica è apertissima e disponibile a collaborare, a elaborare idee e progetti comuni, come del resto già fa con la Provincia.
Anche perché essere parte del Friuli ed essere friulani non si esaurisce nel solo aspetto linguistico: è un fatto di geografia, di storia, di tradizioni, di legami, di economia. Ci sono molti udinesi, spilimberghesi, cormonesi che non parlano friulano, eppure non si può negare che essi siano friulani come tutti gli altri!
(*)Vicepresidente Società Filologica Friulana
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