Us segnalìn l'intervent de prof.re Schiavi Fachin a rivuart de polemiche sul insegnament scolastic dai dialets talians proponût de Leghe Nord. L'articul, publicât su la prime pagjine dal Gazzettino di Udin, si lu cjate intal prin coment.
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15 commenti:
"Che c’entra la Lega con i dialetti?"
di Silvana Schiavi Fachin.
Riprendo il titolo di un intervento dell’etnomusicologo dell’Università di Torino, Febo Guizzi, apparso su L’Unità del 21 agosto scorso, perché esprime finalmente un pensiero che mi assilla da tempo soprattutto da quando la Lega in maniera ossessiva, martellante e provocatoria ha abbracciato la causa dei dialetti.La lega non può vantare alcun reale credito di conoscenza scientifica, di ricerca, di documentazione e quindi di tutela reale:la storia della ricerca in Lombardia e in Piemonte( ma anche in Liguria, Emilia Romagna, Trentino, Friuli – Venezia Giulia e parti del Veneto )sta a dimostrarlo, scrive Febo Guizzi. E non può certo vantarsi di aver partecipato alla lunga ed estenuante campagna durata oltre trent’anni per ottenere una legge di salvaguardia e di promozione delle minoranze linguistiche che è stata condotta soprattutto dalle forze socialiste e comuniste del Parlamento. Furono principalmente i deputati Andrea Lizzero e Loris Fortuna, due friulani, che negli anni settanta raccolsero e interpretarono le spinte popolari del Movimento Friuli in favore dell’autonomia e della valorizzazione delle lingue, delle culture, della storia e delle tradizioni locali e incardinarono alla Camera le proposte di legge che portarono, molti anni dopo,anche grazie alla tenacia di altri parlamentari, soprattutto friulani - ricordo tra tutti l’on.Arnaldo Baracetti - all’approvazione della legge 482/99 riuscendo a trascinare anche un partito di governo come la Democrazia Cristiana che nelle periferie garantiva il pieno consenso ma centralmente era molto restia a sbloccare l’iter della legge. La destra e il centro - destra - allora si chiamavano MSI, PLI, PRI e anche PSDI (!) – nel corso della X Legislatura sollevarono il problema dei dialetti proponendo di titolare la legge Tutela del patrimonio dei dialetti italiani. Capimmo subito che si trattava di una manovra tesa a svuotare il provvedimento di ogni concreta possibilità di intervento. Il bilancio destinava alla legge soltanto 12 miliardi di lire per le dodici minoranze previste dall’art.6 della Costituzione e l’inclusione del ricchissimo patrimonio dei dialetti italiani – italo-romanzi e gallo-italici – avrebbe frammentato talmente lo stanziamento finanziario da renderlo inutile. Ho la netta impressione che le proposte di legge in favore dei dialetti presentate recentemente nella nostra regione perseguano lo stesso obiettivo: erodere i già esigui contributi a sostegno del friulano, del tedesco e dello sloveno. La Lega aveva allora ( 1987-1992) due rappresentati in Parlamento l’on.Leone alla Camera e l’on.Bossi al Senato che mai spesero una parola nel corso del dibattito. Dopo l’approvazione della 482 e godendo di una più corposa rappresentanza parlamentare, la Lega svolse un’azione di mestatrice proponendo di inserire ora il veneto, ora il piemontese, ora il tabarchino nel provvedimento col rischio di far saltare l’intero impianto della legge. Manovra sinora malriuscita, ma che testimonia una linea politica tesa a scardinare l’esistente piuttosto che costruire il nuovo.
Purtroppo il dibattito che emerge dentro la Lega ma anche tra i docenti, i dirigenti scolastici e gli intellettuali di sinistra vede le lingue locali in contrapposizione con l’italiano e le altre lingue come se l’imparare una lingua significasse cancellare l’esperienza maturata nell’ambito di altre lingue e di altre culture. Il Paese mostra purtroppo di ignorare la ricerca scientifica che da cinquant’anni a questa parte in molti paesi del mondo si va facendo nel settore dell’educazione bilingue, trilingue, quadrilingue,ecc., e le conseguenze verranno pagate dalle giovani generazioni che continueranno a ignorare una ricchezza dialettale che ha un peso e una rilevanza che non ha eguali in tutta Europa, a biascicare un italiano monco e sgrammaticato e a balbettare le lingue straniere.
be cara silvana tu as razon ma il centri cjampe al veve dut il timp di fa alc ma a si e sveat masse tart a si muf come une tartarughe blablabla le lege a si muf come un cjar armat col motto tutto subito sin polemichis internis ca dur 3 agns ccome il pd o la cjampe arcobaleno
"Il bilancio destinava alla legge soltanto 12 miliardi di lire per le dodici minoranze previste dall’art.6 della Costituzione". Eh no, se gli argomenti dialettici per non riconoscere dignità alle altre lingue regionali (fra cui Piemontese e Veneto) di cui Unesco e Consiglio d'Europa chiedono la tutela, a tutto c'è un limite.
L'articolo 6 non prevede affatto DODICI minoranze ma si limita a stabilire che "la Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche". Senza indicare se nel territorio della Repubblica sono dieci, dodici o trentadue come sostiene l'Atlante per le lingue in pericolo dell'Unesco. Se la legge 482, a parte le lingue delle "piccole minoranze", ha riconosciuto soltanto sardo e friulano tra le lingue regionali vere e proprie è stata una scelta esclusivamente POLITICA e non certo SCIENTIFICA. E - ricordo benissimo il dibattito - c'era anche chi non voleva né sardo né friulano. E il compromesso terminologico fu raggiunto nell'indicazione, all'articolo 2, del fatto che si trattasse non delle popolazioni SARDE E FRIULANE ma di quelle PARLANTI il sardo e il friulano... Infine occorre ricordare che l'inclusione del piemontese, censito dal Rapporto Cirici Pellier, prodromico alla Carca europea e adottato dal COnsiglio d'Europa nel 1981 - come vera e propria LINGUA non fu chiesto solo dalla Lega Nord. Un ordine del giorno del Consiglio Regionale del Piemonte, votato all'unanimità (dalla sinistra alla destra) e inviato al Parlamento italiano, chiese che non venisse perpetrata una discriminazione di ordine squisitamente politico. Invano, Roma rispose picche, alla faccia di quel federalismo di cui tutti, oggi come allora, si riempiono la bocca.
Gioann Pòlli
O ricevìn e o publichìn la rispueste de professore Silvana Schiavi Fachin a Gioann Pòlli:
Nel 1973, il deputato Mario Lizzero (Andrea) propose che fosse affidata a tre saggi l’individuazione delle lingue da tutelare. Esiste presso gli Uffici studi del Parlamento l’ampia relazione del prof. Giovanni Battista Pellegrini dell’Università di Padova, del prof. Tullio De Mauro dell’Università di Roma “La Sapienza” e del giurilinguista Alessandro Pizzorusso dell’Università di Firenze che motivano ampiamente l’inclusione delle 12 minoranze linguistiche che comprendevano anche gli zingari. Gli zingari furono stralciati in sede di discussione e la formulazione “i parlanti” per il sardo e il friulano fu certamente determinata più da ragioni politiche che da ragioni linguistiche o giurilinguistiche. Nel corso della X Legislatura mi feci portavoce delle comunità valdesi e riuscii a inserire anche il francese. Questa è la vera storia. Le ragioni di carattere economico che hanno sinora impedito la giusta valorizzazione del patrimonio dei dialetti vanno ricercate nelle scelte di bilancio che continuano a privilegiare, ad esempio, la difesa piuttosto che la ricerca, la cultura, la scuola, l’università, ecc. Non mi pare che ora le scelte siano cambiate. Vedremo. L’impianto della 482 – che i leghisti non hanno votato! - va difeso comunque o rischieremo di perdere anche quel risultato faticosamente raggiunto!
Silvana Schiavi Fachin
Gentile professoressa Schiavi Fachin, innanzitutto grazie per la risposta. Il mio commento qui sopra partiva innanzitutto dalla necessaria precisazione che non vi è assolutamente alcuna costituzionalizzazione delle 12 minoranze riconosciute dalla 482. Se ne possono aggiungere altre semplicemente modificando la stessa 482 (in tal senso sono già stati per fortuna presentati, e non solo dalla Lega, alcuni progetti di legge ordinaria) senza dover scomodare la Carta costituzionale.
In secondo luogo, la sua ricostruzione della quasi ventennale e travagliata genesi della 482 è corretta. Possiedo anch'io la cospicua mole degli atti di quella commissione...
Il problema fu proprio quello di affidare la questione a tre "saggi" che fossero concordi a ideare, su spinta politica in tal senso, una linea "scientifica" che limitasse il più possibile la tutela. Evitando cioè di riconoscere l'esistenza di tutti i sistemi linguistici compiuti utilizzati nel territorio della Repubblica. Per "compiuti" intendo "non derivativi della lingua di Stato", quindi tipologicamente o storicamente NON suoi dialetti, e dotati di un'ampia letteratura scritta plurisecolare. Questi sono i criteri, per esempio, che hanno portato il Consiglio d'Europa nel rapporo Cirici Pellier del 1981 ad includere tra le LINGUE europee anche il piemontese e, in prospettiva, il meneghino e il veneto. Criteri analoghi, anche se non comportanti l'analisi dell'esistenza o meno di una letteratura, sono quelli che hanno portato l'Unesco a inserire nell'Atlante delle lingue in pericolo la cui ultima edizione risale al febbraio scorso, 32 lingue parlate nello Stato italiano anziché le 12 della legge in vigore.
Potrei, tornando alla commissione parlamentare, citare il nome di altri "saggi" - primo fra tutti, il professor Manlio Cortelazzo dell'Università di Padova, che si batterono a lungo contro l'orientamento di quella commissione parlamentare. Solo che i "saggi" erano dentro, gli altri linguisti critici erano tenuti fuori, per cui...
I rom e i sinti furono esclusi dalla tutela perché la ratio della 482 era quella di seguire le indicazioni della Carta europea, che si basa sul principio di territorialità di una lingua, fatto che per ovvi motivi esclude i nomadi.
Non si tratta quindi, in conclusione, come lei sostiene di dover tutelare anche "i dialetti" (di che cosa, della lingua italiana? Il ligure è un dialetto della lingua italiana? Cerchiamo di rimanere ancorati agli studi storici e tipologici, lasciando la politica ai politici...) bensì di superare l'impianto centralista della 482.
Da quando in qua - e parliamo di massimi sistemi - è uno Stato che può arrogarsi il diritto di scegliersi le proprie minoranze? Anche la Turchia "sceglieva" fino a poco fa - e ancora oggi non scherza - la non esistenza dei kurdi, chiamandoli "turchi della montagna"...
La vera riforma della 482 sarebbe quella di delegare alle Regioni (che, ricordo, sono e restano organi dello Stato) l'indicazione delle proprie lingue storiche. Se federalismo deve essere, federalismo sia, con il rispetto che i territori si meritano. E il fatto che la Lega nel 1999 non abbia votato la 482 così come uscita dal dibattito parlamentare fu stato quantomeno un segnale della volontà di non avallare la discriminazione di lingue che il potere politico italiano voleva di serie A da quelle evidentemente ritenute di serie Z.
Sul mio blog, se le interessa, tra i commenti ho dato un'altra risposta - con i toni anche un po' polemici che mi carattrizzano quando mi trovo a discutere con chi non si firma - a un Utente Anonimo che trattava lo stesso argomento.
Ringraziandola per l'attenzione, le porgo i miei migliori saluti.
Gioann March Pòlli
Caro Gioann March Pòlli, l'esclusione degli zingari non fu dettata da un'ispirazione alla Carta europea che lei cita, e che di fatto prende in considerazione le "lingue non territoriali", ma si effettuò solo in nome di uno schietto razzismo, ancora ben radicato in Italia.
Per il resto, col suo criterio di distinzione, si dovrebbe tutelare come lingua minoritaria nella L. 482/99 anche il fiorentino, visto che non deriva affatto dall'italiano, ma piuttosto è vero il contrario.
I saggi, saggiamente, inclusero nell'elenco delle lingue minoritarie quegli idiomi che semplicemente non facevano parte del gruppo (o dei gruppi) linguistico italiano. Con questo non voglio togliere alcunché a una giusta tutela del patrimonio linguistico italiano, ivi compresi i cosiddetti dialetti (nessuno, dico nessuno, dei quali deriva dall'italiano); ma è bene puntualizzare che mescolando lingue minoritarie e variatà italiane l'intento non è quello di valorizzare le seconde, bensì di cancellare le prime.
Caro Sandri, l'ipotesi del razzismo come causa dell'esclusione delle lingue romani e sinti dalla 482 è sua e gliela lascio. E' una legge voluta e votata dalla sinistra ma, per quanti sforzi stia cercando di compiere, ritengo improbabile che le sinistre, soprattutto nel 1999, fossero dichiaratamente razziste. La motivazione a livello politico dell'esclusione delle due lingue dei nomadi era quella che le ho indicato io. Non amo molto - provocazioni a parte - i processi alle intenzioni, per cui ciò che conta nell'analisi più seria possibile restano le dichiarazioni ufficiali e gli atti scritti.
Circa all'ipotesi di "fiorentino lingua", forse ci dimentichiamo che nel processo di riaffermazione politica di una lingua deve contare anche la volontà o meno dei locutori di considerarla tale. Il caso della Catalunya è esemplare, mi sembra. Se, nell'ambito di una costruzione federalista integrale, ai fiorentini stesse bene così, sinceramente non avrei nulla da ridire. Non amo invocare la "scienza" come unico strumento di vaglio di ciò che è giusto e ciò che non lo è. Perché "scienziato" era anche Copernico, e con quella etichetta si presentava anche il dottor Mengele.
Circa la richiesta di "evitare la commistione" tra le lingue già tutelate e i "dialetti", mi perdoni, ma in questo caso mi contraddico e il processo alle intenzioni lo faccio. Mi sento molto andreottiano e peccherò pure nel pensar male, ma credo proprio di azzeccare, confortato dalla lettura di certi pareri di esponenti di minoranze già tutelate, nel pensare che "i fondi sono pochi, teniamoceli tutti"...
Cordiali saluti.
Caro Gioann March,
come le ho già detto, la motivazione da lei indicata per l'esclusione di Sinti e Rom dalla 482, ovvero l'ispirazione alla Carta europea delle lingue regionali e minoritarie, non regge affatto, visto che la suddetta carta si estende esplicitamente anche ai Nomadi.
Per quanto riguarda il suo andreottianismo, glielo lascio volentieri, ma le do uno spunto di riflessione: i fondi sono veramente così pochi che il "teniamoceli tutti" sarebbe da veri ingenui, visto che equivalgono comunque a meno di un pugno di mosche.
In Friuli (e in questo caso aggiungo anche Venezia Giulia) abbiamo invece brillanti esempi del fenomeno di cui parlavo, ovvero dell'intorbidamento delle acque: grazie alla sua scrupolosa documentazione su tutto ciò che riguarda lingue e dialetti potrà verificare che il rappresentante dell'ancor vivace irredentismo triestino Piero Camber (FI), dopo aver attaccato in ogni occasione qualsiasi ipotesi di tutela del friulano e dello sloveno, si è (misteriosamente?) fatto promotore della tutela dei dialetti veneti del Friuli - Venezia Giulia: come vede, una distinzione tra lingua minoritaria (da distruggere) e dialetti italiani (che si può far finta di tutelare) è ben chiara: forse non alla scienza, ma alla politica nazionalista italiana sì.
Infine non avendo io invocato la scienza, non capisco bene a che titolo lei divaghi sul dottor Mengele, ma per associazione di idee mi induce ad una provocazione un po' feroce: non so perchè, ma i suoi amici della Lega, piuttosto che ad una tutela linguistica di Rom e Sinti, mi parrebbero più propensi a trattamenti già sperimentati proprio dallo scienziato che lei cita (non Copernico, quell'altro...)
Caro Sandri, se lei mi lascia volentieri il mio "andreottianismo", io le lascio volentieri la sua provocazione "un po' feroce" che da parte mia non merita certo risposte.
Anch'io però la invito a mia volta ad una riflessione. Se vuole, può farla partendo da qui:
http://linguedialetti.splinder.com/post/20655454
La stessa Corte Costituzionale che fra un annetto impedirà a me, piemontese, di avere una nuova legge sulla mia lingua, ha già deciso che la sua non può andare nelle scuole così come il suo parlamento regionale avrebbe voluto.
Si convinca: l'avversario dei friulani non è il "dialetto" veneto, il "dialetto" piemontese o il "dialetto" napoletano, ma qualche cosa di molto più pericoloso per tutti quanti: un fascismo linguistico ancora troppo radicato e che non ha alcuna intenzione di mollare il colpo.
Per completare compiutamente la sua riflessione in merito, consulti questa "perla" e mi dica se ho tutti i torti.
http://www.corriere.it/cronache/09_settembre_03/furlan_dialetti_io_donna_567d18ea-9892-11de-b8d4-00144f02aabc.shtml
Si renderà conto che, come friulano che si sente forte e "scientificamente al sicuro" perché "garantito" da una normativa che la tutela come locutore di una lingua, nei fatti e nelle opinioni "che contano" da diffondere alle masse si trova comunque ad essere un cappone di Renzo come me, che lei invece ama considerare un semplice "dialettofono italiano" piemontese.
Infine: lei dice di non aver "invocato la scienza". Non so, ma sicuramente ha invocato gli "scienziati", anzi quei "saggi" che - parole sue, si rilegga - "saggiamente, inclusero nell'elenco delle lingue minoritarie quegli idiomi che semplicemente non facevano parte del gruppo (o dei gruppi) linguistico italiano".
Un gruppo, a ben vedere, riconosciuto da "scienziati" della stessa forza in valore assoluto di quegli "scienziati" francesi che, al contrario, riconoscono al còrso lo status di lingua soltanto per sottrarlo - per evidenti ragioni storico-politiche - a quello di "dialetto del sistema linguistico italiano" come tipologicamente secondo lei dovrebbe essere...
Una lingua è un dialetto con un esercito e una marina: questa è l'unica "legge scientifica" che vale in materia. Facciamocene tutti quanti una ragione.
Gioann March Pòlli
Caro Gioann March,
sono perfettamente d'accordo che il "pericolo" è il fascismo linguistico, per di più un fascismo del tutto trasversale e infettivo, che investe da destra a sinistra tutti i partiti del parlamento italiano. Su questo non ci sono dubbi.
D'altra parte la confusione fatta dalla Lega a Roma su questi temi non aiuta nessuno. Non aiuta gli idiomi già riconosciuti come lingue minoritarie, a cui la Lega ha sempre dimostrato disinteresse o ostilità, eccezion fatta per certi esponenti locali in genere di origine autonomista. Non aiuta nemmeno gli idiomi attualmente considerati dialetti, che vorrebbero ottenere riconoscimento di lingue minoritarie, ma che si trovano invischiati in un'azione nebulosa e strumentale, che non tende affatto a una loro tutela, bensì a utilizzarli come pretesto polemico.
Lei mi dirà che sono opinioni personali: certamente è così.
"un'azione nebulosa e strumentale, che non tende affatto a una loro tutela, bensì a utilizzarli come pretesto polemico.
Lei mi dirà che sono opinioni personali: certamente è così"
Caro Sandri, certamente sono le sue opinioni e naturalmente le rispetto pur non condividendole. Vorrei però soltanto suggerire a lei e a tutti un'altra riflessione: siamo davvero sicuri che questa "moda" o "febbre" della parlata locale lanciata in politica da un partito dell'attuale governo faccia davvero così male, nell'erodere almeno un po' di quel "fascismo linguistico" che è il nostro unico nemico comune? Il fatto che diversi giornali (dal Corriere al Giornale ma anche e soprattutto molti giornali territoriali) oggi ospitino nelle loro pagine interventi in lingua locale mi fa pensare che la "moda" non sia destinata a passare molto presto. Anche perché è arrivata in un momento sociale più che appropriato: i fallimenti del portato economico della globalizzazione sono sotto gli occhi e nei portafogli vuoti di tutti. E la voglia di "local" che ne scaturisce, e che cova ovunque sotto le ceneri già da diverso tempo, ha soltanto bisogno di essere guidata e incitata allo scoperto. Staremo a vedere.
Cordiali saluti
Gioann March Pòlli
La sua riflessione mi fa cadere le braccia: invece di difendere fiaccamente i suoi amici che sono al governo o al parlamento a Roma, perché non ha speso neanche una parola in difesa del friulano, attaccato nelle recenti polemiche ampiamente documentate in questo blog?
Le propongo alcune possibilità:
- del friulano non gliene frega niente, visto che è una lingua e a lei interessano solo i dialetti (allora coerentemente ridenomini il suo blog "dialetti e dialetti", "lingue" che ci sta a fare?)
- lei è un esponente della Padania, e visto che il Friuli non è Padania, abbiamop trovato una seconda ragione perché non gliene importi nulla
- in quanto giornalista lei è collega di Cerno, Oriani e Calligaro (scusi se con quest'ultima affermazione passo a offese decisamente pesanti)
Mi spiace sinceramente che, con questo suo post, abbia fatto cadere i presupposti per un dialogo che, se pur da posizioni ben diverse, pareva essersi avviato in senso costruttivo. Dalle sue accuse nei miei confronti e dal tono impiegato deduco che il mio blog non l'ha nemmeno letto, tantomeno il link più sopra al post dove riprendevo l'articolo del Manifesto sull'infame bocciatura della Corte costituzionale della legge regionale sul friulano a scuola. Peccato. Non perché non ha letto ciò che riporto nel mio blog sulla lingua friulana né ha ascoltato le mie trsmissioni con esponenti culturali friulani (non ne è certo obbligato), ma perché si permette di elargire giudizi pesanti e offese gratuite senza nemmeno fare lo sforzo di informarsi. In questo caso, dimostrandosi degno non solo dei colleghi sopra citati ma della superficialità media dell'intera stampa italiana. Tanto le dovevo, e me ne dispiaccio sinceramente.
Non so,infine, che cosa intende quando dice che io sono "un esponente della Padania". Se intende che scrivo sul quotidiano omonimo, è vero. E le ricordo che non più tardi di quindici giorni fa abbiamo pubblicato un'edizione con quattro pagine (tra cui la prima) interamente in lingua friulana. Se intende altro, allora significa che mi attacca pubblicamente senza nemmeno sapere quali siano i presupposti del mio lavoro: non è difficile conoscerli, sono scritti nella colonna a destra del mio blog. Già, dimenticavo, non li ha letti. Pazienza, me ne farò una ragione.
Gioann Pòlli
Stiamo cadendo nel ridicolo: io, al suo blog, una letta l'ho data. Forse dovrebbe farlo pure lei. Ha forse speso una sola parola sulle ultime polemiche contro il friulano? No, neanche una lettera: grazie per la solidarietà!
Il suo ultimo post con un accenno significativo al friulano è del 30 maggio, e sostanzialmente usa quell'episodio solo come pretesto per parlare di altre cose. A questo punto smetterò di perdere altro tempo con lei. Abbia pazienza e se ne faccia pure una ragione.
Per Sandri: francamente faccio moltissima fatica a comprendere le ragioni di un suo attacco personale così violento nei miei confronti. Avrà i suoi problemi, mi dispiace per lei.
Vorrei solo precisare (non tanto a beneficio suo ma di tutti gli altri lettori di questo spazio) che il mio blog non ha né la presunzione né i mezzi economici o di tempo per poter diventare una sorta di grande notiziario enciclopedico vivente e sempre aggiornato in tempo reale merito a quanto accade intorno all'argomento di cui tratta. A volte scrivo tre volte al giorno, a volte una al mese. Se guarda bene, c'è scritto "blog sperimentale" e questo significa che non si pone come un "quotidiano" sempre sulla notizia ma come uno spazio senza alcuna pretesa di esaustività o di tempoestività di intervento. Però ha una caratteristica: sono liberi i commenti da parte di tutti, purché non offensivi (e in tre anni ne ho cancellati solo due), e puntualmente invito chi vi passa e dà un'occhiata a dare il loro contributo, in termini di segnalazioni di fatti, di opinioni e di link attinenti.
Anziché lamentarsi per il fatto che non mi ero ancora occupato dell'infame attacco di "Io Donna" alla lingua friulana, perché lei stesso non vi ha postato in merito? Sa, non l'avrei certo censurata. Le avrei anche potuto dire grazie.
Ora ci ho pensato io, come può vedere. E la mia solidarietà ai friulani, così come a tutti i locutori di lingue "proprie", regionali o minoritarie che vengono attaccati dalla stampa di regime, è piena, incondizionata e indiscutibile
Per quanto mi sia sforzato, ho fatto però molta fatica a trovare anche solo un briciolo di solidarietà da parte di autorevoli esponenti friulanisti come lei quando il governo di Roma ha impugnato davanti alla Corte costituzionale la legge regionale dello scorso aprile sulla lingua piemontese. Sa, era una legge passata con l'unanimità del sostegno delle forze politiche presente in Consiglio regionale, a testimonianza di come il popolo piemontese tutto, insieme ai suoi rappresentanti democraticamente eletti, abbia a cuore la tutela del proprio idioma regionale.
Se lei però continua a pensare che a noi non è dovuta alcuna solidarietà poiché il nostro idioma è "italiano", quindi di serie b, quindi non meritevole della definizione di "lingua", allora almeno la smetta di utilizzare come un'arma (spuntata) le accuse di razzismo rivolte a chi la pensa in modo differente da lei.
La saluto.
gioann pòlli
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