Il setemanâl L'Espresso i fâs cuintri ai dirits linguistics dal popul furlan cu la publicazion di un articul che al definìs il furlan un dialet e li che si dîs che i fonts che a coventin par garantî i dirits linguistics des minorancis a son une straçarie di bêçs publics. Il Comitât 482 al à decidût di rispuindi a chestis afermazions difamatoriis e antidemocratichis cuntune campagne di proteste publiche e us invide a dâ une man. Ve chi cemût.
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46 commenti:
Ca al è ce che i ai mandât jo al Espresso:
Spettabile Direttore,
mi è dispiaciuto molto leggere sulla sua rivista l'articolo "We speak furlân" di Tommaso Cerno. Tale articolo riporta un'incredibile quantità di errori e, dispiace dirlo, menzogne: a Cerno infatti non si può nemmeno concedere la scusa della scarsa informazione, visto che conosce personalmente la realtà friulana, ma la ritrae del tutto deformata per pura mala fede. Invece di gettare il fumo negli occhi ai lettori con la fantomatica enormità degli sprechi pubblici rispetto alle lingue minoritarie, la cui tutela al contrario è drammaticamente sottofinanziata, mi parrebbe molto più opportuno che la sua rivista pubblicasse un'inchiesta seria sulla reale situazione delle lingue minoritarie in Italia. Pare infatti non vi siate accorti che, nonostante in Italia esistano, siano riconosciute e ufficlamente tutelate 12 minoranze linguistiche storiche, nella maggioranza dei casi, le istituzioni stesse infrangano la Costituzione e le leggi della Repubblica Italiana, continuando una politica di nazionalismo sciovinista che finisce per impoverire il "Bel Paese" e per allontanarlo dall'Europa e dalla democrazia. Complimenti a Tommaso Cerno per il suo contributo personale in questo percorso verso l'inciviltà: all'Espresso invece, l'augurio di mettere a fuoco con più lucidità uno dei punti dolenti della nostra società: quello dell'accettazione e della valorizzazione delle diversità, anche di quelle linguistiche.
Plui che scrivi ce che si pense o no si pense di Cerno, o coments che a restin tra di nô, o varessin gust di doprâ chest spazi par publicâ une pocjis di letaris che a son stadis mandadis a L'espresso ta chescj dîs. Di maniere di meti in evidence cui che si à mot pardabon par protestâ e di ufrî ancje contignûts diviers rispiet a chei che o vin metût dentri te nestre letare. Nus plasarès che nus judassis ta chest lavôr, mandantnus copie des letaris che o vês scrit. Grazie.
MARIA CARMINATI - I PART
Egregio Direttore de L’Espresso,
l’articolo apparso sull’ultimo numero del settimanale da Lei diretto e intitolato We speak furlân è un esempio di come non si dovrebbe fare giornalismo, di come risulti penalizzante (e poco professionale) non essere informati sui fatti, di quanto sia mediocre l’affrontare temi cruciali solo in superficie, di quanto alla fine non paghi fare “di tutte le erbe un fascio”. E’ triste constatare che perfino giornali come L’Espresso si prestino a certe esibizioni di giornalismo “d’assalto”, disinformato –o malformato?- e fazioso, con l’unico obiettivo di creare o sostenere opinioni distorte e inquinare il dibattito intorno alla dimensione reale di un evento. E le vicende giornalistiche degli ultimi giorni dimostrano quanto in basso si possa arrivare.
Confondere ciò che i linguisti definiscono “lingua” con il sistema dei dialetti potrebbe apparire solo come una svista, o una lacuna culturale. Ma nell’articolo in questione appare evidente come questo scivolone non sia casuale o involontario, bensì praticato per fornire una versione dei fatti funzionale a un obiettivo preciso: quello di trascinare la politica linguistica di una lingua di minoranza (una delle dodici riconosciute e tutelate da legge della Repubblica, la 482/1999) dentro l’ambiguo orizzonte leghista del rilancio dei dialetti come strumento di comunicazione esclusivo e prevalente, in alternativa -e in opposizione- alla lingua italiana. E dunque di confondere (condannandole) tutte quelle azioni di promozione e di salvaguardia della lingua minoritaria realizzate nella regione Friuli Venezia Giulia e derivanti dalla attuazione della legge di tutela, con una politica di segregazione e di ghettizzazione linguistica fondata sulla dominanza dei dialetti e alimentata da una visione politica “separatista”.
Questo non significa che si vogliano cancellare o ignorare i numerosi dialetti italiani, che rappresentano una insostituibile ricchezza del patrimonio linguistico e identitario della cultura italiana, e che non hanno impedito l’acquisizione di massa (in meno di un secolo) della lingua nazionale da parte del 95% dei cittadini italiani, come ha acutamente osservato Tullio De Mauro (“Barricarsi dietro una sola lingua?Un’idea nazista”, in l’Unità , 29.08.2009).
Tuttavia l’ uso distorto della diversità linguistica, quando sia assunta in un’ottica di omologazione e di esclusività linguistica (come è apparso nelle recenti uscite leghiste filodialettali), risulta una pratica inaccettabile, in quanto contrasta con la pluralità di risorse intellettuali, espressive, logiche e creative presenti in ogni individuo e in ogni specie umana.
(...)
MARIA CARMINATI - II PART
(...)
Tale dimensione è del tutto estranea a quella che concepisce, invece, la pratica comunicativa della lingua minoritaria come radice del plurilinguismo e come risorsa espressiva fondamentale per una educazione linguistica mirata al superamento della lingua unica, all’acquisizione di sistemi linguistici diversificati, all’arricchimento del patrimonio linguistico e comunicativo in una società sempre più globalizzata a livello planetario.
La diversità linguistica, come tutte le diversità, è un dato difficile da accettare, e per questo spesso viene combattuta, con tutti i mezzi. E così come si combatte la diversità sessuale anche a suon di violenza (tanto che nel nostro paese c’è chi ha proposto il reato di omofobia), allo stesso modo si combatte la diversità linguistica con la violenza delle parole improprie e delle argomentazioni falsate, come è avvenuto negli ultimi mesi sulla stampa del Friuli Venezia Giulia e su alcune testate nazionali a proposito della dibattuta sentenza sulla legge regionale 29/2007; come è stato fatto dal fronte trasversale dei detrattori ad oltranza (e non solo della lingua minoritaria friulana, ma anche di quelle slovena e tedesca presenti in regione) – dai deputati Menia del P.d.L./ex A.N. e Maran P.D./ex D.S.- ; così come si può notare da tutte le distorsioni e imprecisioni contenute nell’articolo de L’Espresso e che sono state puntualmente smentite dalla lettera (che sottoscrivo in ogni sua parte) inviata al settimanale dal Comitât – Odbor – Komitaat – Comitato 482, costituitosi a difesa di una legge che ancora oggi, a quarant’anni dall’inizio della battaglia legislativa intrapresa dal PCI con il deputato Mario Lizzero, continua ad essere presa a manganellate verbali, dopo quelle (purtroppo reali) che elargiva il regime fascista insieme al divieto di usare dialetti e lingue minoritarie e che, come ben ricorda lo scrittore sloveno triestino Boris Pahor, si traduceva in un secco “Qui è proibito parlare”. Come quando lo stesso odioso divieto, nelle scuole elementari di una vallata di confine, ancora negli anni sessanta, si era tramutato in una pesante multa, che la maestra infliggeva ai piccoli incolpevoli allievi nella misura di lire 5 per chi parlava in friulano, di lire 10 per chi parlava in sloveno.
Maria Carminati
componente del comitato tecnico scientifico A.R.Le.F.
già dirigente Ufficio Lingue minoritarie e comunitarie
Direzione Scolastica regionale MIUR del Friuli Venezia Giulia
GIORGIO CADORINI
Gentile Direttore,
ho insegnato per 13 anni la lingua friulana all'Università "Carlo IV" di Praga. Anzi, proprio i miei studi sul friulano mi hanno aperto le porte dell'università: furono i colleghi di Praga a invitarmi a insegnare la lingua friulana.
Può immaginare la mia sorpresa a leggere in un settimanale prestigioso come quello da Lei diretto un articolo colmo di errori e falsità come quello pubblicato dal signor Cerno con il titolo "We speak Friulian". I diritti che ha acquisito la comunità regionale, non sono un costo, ma una ricchezza, un'offerta a disposizione di chiunque viva in Friuli.
Come friulano, sono orgoglioso di poter dire che il nostro movimento per i diritti linguistici non ha mai causato un morto, anzi, nemmeno un ferito. Nessuna bomba è esplosa per rivendicare quei diritti, sebbene abbiamo lottato almeno a partire dalla seconda metà dell'Ottocento. Forse è per questo che ancora molte persone non sanno che il friulano, come il ladino dolomitico, come il sardo, rappresenta una tradizione linguistica diversa da quella dell'italiano, e perciò costituisce un'altra lingua.
Concludo ribadendo un concetto già espresso: la pluralità linguistica è una ricchezza per tutta la comunità, anche per chi è monolingue. Un giornale noto per le sue battaglie di democrazia non dovrebbe diffondere idee totalitarie del tipo: "1 Stato ha 1 lingua" oppure "la valorizzazione della lingua (cioè l'attività culturale) costa troppo".
La ringrazio per la cortese attenzione, buon lavoro,
Giorgio Cadorini
DONATO TOFFOLI
Spett. le Direttore
Oggetto: articolo “We speak furlân” sull’ultimo numero dell’Espresso.
“In attuazione dell’articolo 6 della Costituzione e in armonia con i princípi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali, la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.”
Ho voluto iniziare questa lettera con un richiamo alla legge dello stato n.482/1999, articolo 1, comma 2. La legge fu approvata essendo Primo ministro Massimo D’Alema e ricordo tra i più impegnati nel far rispettare, dopo un colpevole ritardo di cinquant’anni, il dettato costituzionale, il socialista Felice Besostri e il verde Franco Corleone. Votò a favore il centro sinistra; contro il centro destra; la Lega, a parte alcune astensioni, votò contro.
Tale legge era il risultato di una mobilitazione, durata decenni, da parte di forze democratiche e autonomiste per il rispetto dei diritti linguistici di oltre tre milioni di cittadini dello stato italiano. Come può vedere viene citato il friulano tra le”minoranze linguistiche storiche” da tutelare a norma dell’articolo 6 della Costituzione
Inoltre, dal punto di vista scientifico, basta una sbirciatina ad un manuale di filologia romanza per cogliere l’individualità linguistica del friulano. Potevate chiedere qualche informazione a vostri prestigiosi collaboratori come Tullio De Mauro o Umberto Eco.
Nell’articolo citato in oggetto invece tali fatti vengono semplicemente ignorati: si considera il friulano un dialetto, viene messo in ridicolo (deformandone perfino il nome : si scrive furlan non furlân), se ne considera la tutela come “cosa da leghisti”, una “follia federalista”, si presentano cifre e fatti in una ottica distorta e malevola.
Ora, è nota la presenza tra i giornalisti di ignoranti e ossessionati (anche con ossessioni antifriulane), veri e propri manganellatori mediatici. Quello che incuriosisce è sapere se “L’Espresso” voglia diventare una specie di “Il Borghese” o di “Candido” vecchi tempi.
Distinti saluti
Donato Toffoli
VICTOR TOSORATTI
Buongiorno
credo stiate già ricevendo molte mail di "protesta" riguardo all'articolo in oggetto pubblicato di recente sulla Vostra rivista; senza essere polemico, vi invito ad approfondire questa tematica molto più seria ed importante di quanto venga considerata e probabilmente di quanto molti vogliano considerare
la lingua (il friulano è una lingua parlata da mezzo milione di persone!) è una parte importantissima, oltre alle tradizioni locali, nella vita e nella storia di un essere umano e di una comunità, e questo significa voler bene alla propria terra, con tutto ciò che ne consegue in sintesi, l'amore per la propria terra porta a gestire anche il bene comune in maniera più attenta e meno individualista, e tanti problemi che purtroppo necessitano di denaro pubblico per la loro risoluzione sarebbero senz'altro risparmiati ecco allora che i soldi spesi per la tutela delle lingue minoritarie/tradizioni/ecc. non sono "buttati", anzi, anche perchè nel computo dello spreco di denaro pubblico per ben altre cose per le quali varrebbe veramente la pena scandalizzarsi, si tratta veramente di ben poco!
Grazie per l'attenzione e buon lavoro.
Victor Tosoratti
Udine
Altris, furlans ma no dome, a àn doprât la nestre e-mail di proteste standard. I disìn grazie, e no savìn se metisi a citâju cun non e cognon (ancje parcè che cualchidun nus à mandât copie de letare par cognossince e altris no).
Altris, in plui di mandâ la letare a àn ancje fat zirâ il materiâl par slargjâ la iniziative ancjemò di plui. Un grazie di cûr ancje a lôr (tra i altris: www.lenghe.net; CIRF; Luîs Dal Piçul, Isa Dorigo, e v.i.).
Di cualchidun altri, o savìn che al è daûr a scrivi une letare par so cont e lu invidìn, duncje, cuant che e sarà pronte a zirânuse cussì le metìn sù ancje chê.
GIOVANNI FRAU
Preg.mo Signor Direttore,
ho letto con interesse l'articolo "We speak furlân" (l'accento circonflesso è di troppo!) di Tommaso Cerno pubblicato sull'ultimo numero di «L'Espresso». Le informazioni in esso riportate, cioè i dati sulle importanti misure di promozione adottate per la salvaguardia del friulano (non importa se 'dialetto' o 'lingua'), dovrebbero far inorgoglire i cittadini Italiani: finalmente anche il nostro Paese, sia pure dedicandovi poche risorse economiche (mi riferisco agli scarni due milioni e mezzo di euro stanziati per l'anno corrente dallo Stato da dividere fra tutte le 12 comunità di lingue storiche minoritarie tutelate dalla legge 482/1999) ha cominciato ad allinearsi con quanto civilmente già da tanto tempo si è fatto o si sta facendo in Europa nello stesso campo con l'impiego di risorse superiori decine se non centinaia di volte ai nostri stanziamenti statali. Ai fondi dello Stato la Regione Friuli-Venezia Giulia ha aggiunto, meritoriamente, la sua parte, consapevole dell'importanza della salvaguardia di un patrimono linguistico-storico-culturale rappresentato da più di mezzo milione di parlanti attivi (cui se ne aggiungono alcune centinaia di migliaia con competenza passiva). E invece no: il tono sarcastico-denigratorio-canzonatorio-mistificatore che, mescolato alla presentazione dei fatti, serpeggia in tutto l'articolo vuole abilmente convincere il lettore che si tratta di operazioni di poco conto, inutili, ridicole, peggio ancora di «Uno spreco da 35 milioni» (senza però sottolineare che si tratta della somma stanziata nei bilanci di complessivi 14 anni).
Ritengo che il pezzo di Tommaso Cerno possa essere proposto nelle scuole di giornalismo quale modello atto a dimostrare come gli stessi fatti e dati, a seconda della interessata manipolazione del regista esperto, possano portare a conclusioni lodevolmente positive o riprovevolmente negative.
Saluti distinti,
G. FRAU
UBALDO MUZZATTI
"Dante, il friulano e i dialetti"
Probabilmente per vincoli di spazio, Tommaso Cerno su L’espresso del 3 settembre, non ha potuto sviluppare compiutamente il suo pensiero sul friulano (lingua neolatina e non dialetto) e sui friulani, popolo bizzarro e sprecone secondo la sua visione, che si ostinano ad eruttare “Ce fastu”, come già osservò Dante. Per fortuna la redazione ci mette una pezza, proprio con l’ausilio del Sommo poeta. Dante, infatti, fu il primo scrittore “dialettale”, colui che fece assurgere a dignità di lingua uno dei dialetti volgari (tra i quali il friulano) che stavano originando dal latino. Uomini di potere e della cultura “ufficiale” non gli lesinarono, al suo tempo, le critiche. Gli argomenti, fatte le dovute proporzioni, furono i medesimi che usa Cerno nel suo “We speak furlan” (non furlân): c’è una lingua ufficiale dello Stato (dell’Impero, allora) perché mai dei sudditi ardiscono usare altre favelle? Non sfiora nemmeno il pensiero che non si tratta di folclore, di capriccio, di improvvisazione, ma che bensì il friulano è da secoli la lingua neolatina dei friulani, sviluppatasi in parallelo all’ italiano e alle altre. Egli si meraviglia che vi siano la Bibbia, la Divina Commedia, i fumetti in friulano. E perché non dovrebbero esserci? Non ci sono forse in sloveno, croato, ungherese, catalano…. Quanto ai costi, stia pur certo: paghiamo noi. Verifichi, se crede, i dati regionali sul pagamento delle imposte, l’evasione, il lavoro nero.
Tommaso Cerno è una buona penna, lo ha dimostrato scrivendo per il principale quotidiano del Friuli. Solo che egli non è riuscito a superare il limite dell’inviato che scrive di un luogo lontano per lettori lontani. Senza fare il minimo sforzo per comprendere la realtà, i problemi, i valori del luogo. E’ come se fosse andato in Africa ai giorni nostri, tralasciando la complessità del continente, egli cerca un facile consenso riferendo che “hic sunt leones”. Infatti, nel mentre egli vorrebbe far credere agli italiani che, all’estremo Nordest, vivono ancora i barbari, l’indagine internazionale OCSE-PISA certifica che gli studenti friulani hanno la migliore preparazione in Italia e, unici, si avvicinano ai finlandesi primi in tutti i settori. Molte sono le ragioni di questo primato nazionale e tra queste: “La dimensione plurilinguistica e pluriculturale che è carattere definente la peculiarità e la specialità della regione”, come dimostra uno studio di Bruno Forte, già funzionario del Ministero della Pubblica Istruzione e già direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale del FVG.
Ubaldo Muzzatti
Pordenone
GRAZIANO URLI
Stant che il titul dal articul al jere par inglês ur ai rispuindût par inglês.
....... I remember when I regularly used to buy your weekly ‘Espresso’ in the early nineties, I was disgusted by your attacks against President Cossiga, arrogant, vicious, based on nothing but your partisan, blind hatred against the people who didn’t share your opinion and beliefs.
After almost twenty years you haven’t changed much as I can read in an article by Tommaso Cerno ‘I speak furlan’, where the poor man, utterly ignorant about linguistics, Friulian literature, history, traditions, who calls himself a journalist just because is so partisan, totally, blindly devoted to the editorial policy which represents nothing but the economic interests of a group that luckily is constantly declining, I was saying this poor man, expresses mendacious opinions that are based just on what he might have heard here and there, without controlling the source of information, without studying the problem he is writing about. Just blatant insinuations, exactly what a good journalist should never do!!
MANDI
Graziano Urli
VALERIA GRILLO
Egregio Direttore,
con stupore abbiamo letto l’articolo pubblicato sull’ultimo numero del vostro settimanale in ordine alla importante azione di rivalutazione della lingua friulana che in questa Regione da tempo va operandosi a cura di istituzioni pubbliche e di associazioni rappresentative della comunità friulana.
Evidentemente chi ha scritto l’articolo, purtroppo di origine friulana, ha realizzato una operazione di disinformazione di notevole gravità. Il friulano non è un dialetto, non è una variante del toscano che in questo momento stiamo utilizzando come lingua che si è affermata in tutta la penisola, ma un idioma cui è stato riconosciuto lo status di lingua, a livello sia scientifico che legislativo. E i friulani devono esigere il rispetto della loro identità e del loro diritto di utilizzare la loro lingua a tutti i livelli e in tutte le sfere della loro vita familiare, sociale e pubblica. Tale diritto è stato riconosciuto ai tedeschi e ai ladini dell’Alto Adige, agli sloveni della Venezia Giulia, ai francofoni della Val d’Aosta, ai romanci della Svizzera, a tante minoranze linguistiche d’Europa.
Il friulano non è un dialetto italiano come il romagnolo o il bergamasco, ma è una lingua originale, specifica e autonoma che nulla ha a che spartire con l’italiano se non la comune derivazione dal latino. E’ più vicino al francese e allo spagnolo, può essere considerato una variante del catalano, del provenzale e del ladino dei Grigioni o delle Dolomiti.
Il friulano è l’elemento caratterizzante di una comunità che chiede di essere riconosciuta nella sua identità e autonomia non solo in fredde norme di legge ma nella vita quotidiana con l’applicazione di un serio bilinguismo.
Promuovere una lingua, insegnare a parlarla correttamente, a leggerla, a scriverla non rappresenta uno spreco, ma l’esercizio di un diritto al rispetto della identità di un popolo. E’ forse uno spreco pagare insegnanti di italiano nelle scuole, o finanziare gli Istituti Italiani di Cultura all’estero, o sostenere la stampa o le trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua italiana? Perché non destinare le risorse ad una lingua tanto più “utile” come l’inglese (mal conosciuta, come dimostra anche il vostro titolo, vedasi quel furlân, che non è né italiano, né friulano né inglese)?
La cultura liberalnazionale o gacobina, che tutto vuol omologare, accentrare e livellare è dura a morire. E il vostro articolo lo dimostra ampiamente.
Voglio anche a nome delle centinaia di iscritti dell’Associazione per l’Autonomia del Friuli “Identità e Innovazione”, esprimere tutto il dissenso per un articolo che fa disinformazione sul Friuli.
Con distinti saluti
Ing. Valeria Grillo
Presidente dell’Associazione per l’Autonomia del Friuli “Identità e Innovazione”
MARZIO STRASSOLDO - I PART
Egregio Signor Direttore,
la cultura dell'omologazione, del livellamento, della distruzione delle identità culturali di cui è ricco il nostro paese non riesce a comprendere l'importanza delle lingue che si parlano sul territorio nazionale e che non si identificano con il toscano che è stato scelto come la lingua dell'Italia.
Un esempio evidente di tale disprezzo per i diritti dei cittadini di essere formati nella propria lingua, cui poi può aggiungersi la lingua nazionale e una grande lingua internazionale di comunicazione quale è attualmente l'inglese (ma domani potrebbe essere il cinese), è costituito dall'articolo di Tommaso Cerno, sbagliato a partire dal titolo (se voleva usare l'inglese doveva scrivere "friulian", se il friulano "furlan"), che confonde lingue e dialetti, e trascura completamente il dato acquisito scientificamente da oltre un secolo, politicamente da alcuni decenni e legislativamente dal 1978 (legge istitutiva dell'Università di Udine), e poi dal 1996 (legge regionale 15 sulla tutela della lingua friulana, passata al vaglio dello Stato) e infine dal 1999 (legge statale di tutela delle minoranze linguistiche storiche in Italia), a seguito di analoghe statuizioni a livello europeo.
Una legge dello Stato, in applicazione della Costituzione, sancisce il diritto dei friulani (ma anche degli appartenenti ad altre minoranze storiche, come i sardi, gli occitani, i ladini) di parlare, leggere e scrivere nella loro lingua; in particolare di uscire dallo stato di analfabetismo in cui la scuola italiana innanzitutto, ma anche i mezzi di comunicazione, le istituzioni pubbliche, ecc., li hanno mantenuti. E qui non si tratta di introdurre nelle scuole e nelle istituzioni i dialetti, varianti di una lingua nazionale, ma di porre a disposizione di chi ha la ventura di nascere con un altro codice linguistico, gli strumenti per una corretta espressione verbale e scritta nella propria lingua. La lingua materna di chi scrive è quella friulana (anche se nell'infanzia gli era usuale sentir parlare in ungherese, in tedesco, in sloveno e solo buon ultimo in italiano). Però con difficoltà si trova nelle condizioni di leggere e soprattutto di scrivere nella propria lingua, perchè l'apparato statale che controlla l'istruzione l'ha finora considerata come un idioma che doveva essere condannato alla scomparsa.
(...)
MARZIO STRASSOLDO - II PART
(...)
Le demagogiche proposte di introdurre i dialetti nella scuola colpiscono duramente l'aspirazione delle minoranze linguistiche di vedersi pienamente riconosciuti nei loro diritti. Rifiutiamo pertanto l'assimilazione delle lingue, come l'italiano, il tedesco, lo sloveno, il francese, il friulano, il sardo, con le varianti dell'italiano che sono i vari dialetti che si parlano nella penisola. Confondere i due piani significa fare disinformazione o perseguire obiettivi politici tesi a distruggere qualsiasi forma di reale pluralismo linguistico nel nostro paese.
Il processo di crescita della coscienza linguistica in Friuli è arrivato a un tale livello di maturazione da consentire la costituzione di una "Società Scientifica e Tecnologica Friulana" composta da docenti, ricercatori, tecnici, professionisti, che utilizzano la lingua friulana come strumento di comunicazione dei risultati del loro lavoro di ricerca, di insegnamento, di lavoro, pubblicando tra l'altro una rivista scientifica bilingue (solo friulano e, naturalmente, inglese), il Gjornal Furlan des Siencis (sono costretto ad omettere gli accenti a causa di una tastiera pensata solo per l'italiano), Friulian Journal of Science.
Penso di interpretare il pensiero di tutti i professori e ricercatori universitari e tecnici aderenti alla Società, esprimendo tutta la mia indignazione per l'articolo che ho dovuto leggere sul Suo settimanale
Prof. Marzio Strassoldo
Ordinario di Statistica Economica nell'Università di Udine
Presidente della Società Scientifica e Tecnologica Friulana
www.siencis-par-furlan.net
CLAUDIO PETRIS
sig.ra Daniela Hamaui - direttore de L'ESPRESSO
sig. Tommaso Cerno - articolista
mi permetto di esprimere una mia opinione sull'articolo "we speak furlan" apparso di recente sul vostro giornale.
Ho trovato nello scritto diversi errori, imprecisazioni e falsità.
Ritengo che chi ha la pretesa di fare informazione abbia l'obbligo morale, per prima cosa, di informarsi.
Per quello che ha scritto, il sig. Cerno invece dimostra di essere un vero ignorante (traggo dal vocabolario Giunti la seguente spiegazione al vocabolo: 1-che è privo di nozioni in una determinata materia, 2-maleducato, villano).
Mandi
Claudio Petris
REMO BRUNETTI
Gentili signori della redazione
Leggo l’Espresso dai tempi in cui questa rivista si stampava, con un formato che impegnava un terzo del tavolo della cucina, su di un’umile carta di pastalegno. Ma in compenso allora l’informazione che arrivava ai lettori era di prima qualità, perché i giornalisti sentivano loro primo dovere fornire ai lettori una descrizione minuziosa dei fatti senza lasciarsi influenzare da idèe o pregiudizi. Oggi L’Espresso si stampa su carta patinata, con fotografie a colori e titoli accattivanti, ma purtroppo non sempre la professionalità dei giornalisti è all’altezza degli argomenti trattati. Mi riferisco all’articolo del signor Tommaso Cerno intitolato “We speak furlân”pubblicato il 3-9-2009.
Mai, in tutti questi anni di lettore mi era capitato di leggere uno scritto così pressapochista, superficiale e menzognero. Personalmente mi sento offeso come lettore e come cittadino italiano di lingua friulana. Sì perché il friulano non è un dialetto come sostiene il vostro articolista, ma una lingua appartenente al gruppo delle lingue romanze, e classificata come tale dal padre dei glottologi italiani Graziaddio Isaia Ascoli nella seconda metà dell’ottocento.Una lingua che lo stato italiano con la legge 482 del 1999, e l’Unione Europea riconoscono come espressione della minoranza linguistica friulana. Una lingua che il 23 gennaio del 2001 ha ricevuto lo status di lingua liturgica dalla Congregazione per il Culto e la Disciplina dei Sacramenti della Chiesa Cattolica, ma che già nel 1982 venne utilizzata dalla CGIL per la pubblicazione qui in Friuli dello Statuto dei Lavoratori. E, recentemente, in questa lingua, è stata pure tradotta la nostra Costituzione, con i complimenti del Presidente della Repubblica. Purtroppo questi riconoscimenti non bastano a garantire un futuro certo alla nostra lingua e alla nostra cultura. Ogni giorno che passa i friulani, così come gli sloveni e i tedeschi di questa regione di confine, devono lottare affinchè queste lingue possano essere usate normalmente in ogni ambito sociale. E lo stato italiano che dovrebbe tutelare le minoranze linguistiche come prescrive l’articolo 6 della Costituzione, ha ridotto di molto,in questi ultimi anni, i fondi per queste minoranze. Oggi per esempio, i friulani, che pagano le tasse come e forse più degli altri italiani, per lo studio, la promozione e l’uso pubblico della loro lingua ricevono annualmente solo 50 centesimi a testa.
Remo Brunetti
Cavazzo Carnico
MAURO MISSANA
Gentile Direttore,
le devo confessare che sono rimasto sorpreso dall'articolo di Tommaso Cerno, intitolato "We speak Furlân" (dizione, tra l'altro, scorretta). Tutto lo scritto è pieno di affermazioni scorrette non documentate e sembra più un attacco personale che un articolo di denuncia. Non mi dilungo nei particolari, ma sottolineo che mi lascia perplesso leggere articoli con questo tono fazioso nel giornale che ospita le splendide inchieste di Fabrizio Gatti.
Cordiali Saluti,
Mauro Missana
Direttore responsabile
Radio Onde Furlane
Udine
BEPI AGOSTINIS
Gentile Direttore,
ho letto con tristezza e rammarico l'articolo "We speak furlân" che Tommaso Cerno, uno che non ha mai amato nè la nostra lingua nè il Friuli, ha potuto pubblicare sulla sua rivista: un articolo zeppo di errori, affermazioni false o apertamente diffamatorie nei confronti della comunità linguistica friulana. Trovo francamente intollerabile che il suo giornale sostenga le tesi faziose e discriminatorie esposte nell'articolo. I diritti linguistici sono, infatti, parte integrante dei diritti umani fondamentali. Per questo voglio esprimere la mia indignazione per questo attacco da parte del suo giornale ai diritti linguistici dei friulani e, di conseguenza, anche a quelli delle altre comunità di lingue minoritarie che si trovano nello Stato italiano. E vorrei ricordarle, che la lingua è molto sentita dalla popolazione in particolare nella provincia di Udine, dove quasi il 70 % delle famiglie ha richiesto l’insegnamento della lingua friulana nella scuole d’obbligo per propri figli.
Un giornale che permette ad un suo giornalista, in cerca di pubblicità personale, di pubblicare questi articoli, senz’altro non sarà più fra i settimanali che acquisto.
Cordiali Saluti.
Bepi Agostinis
Udine
Veju chei altris. A mancjavin
Come che si veve dite o volaressin tignî chest spazi dome par publicâ lis letaris mandadis a L’espresso. Par facilitâ la lôr leture, daspò diviersis segnalazions, o vin decidût di gjavâ vie chei altris intervents, massime se pôc clârs o no firmâts. O sperìn che nissun si susti par chest.
O ai rispuindût cussí:
Ho letto con disdegno l'articolo "We speak furlân" di
Tommaso Cerno pubblicato dalla sulla vostra rivista. A parte il diffamare con critiche piene di errori e affermazioni
false la comunità linguistica friulana, critica anche i sussidi ricevuti per l'insegnamento della lingua friulana.. Se anche L'espresso riceve sussidi, come tutti i giornali, si potrebbe dire che la 19a parte dei sussidi che ricevete proviene dal Friuli!. Anche un cane sà che non deve mordere la mano che gli dà da mangiare. Ma cosa non si fà per poter vendere una copia in più...
Al bisugne scrivi ancje ae riviste "Io donna" indulà che e an fat compagn
http://www.corriere.it/cronache/09_settembre_03/furlan_dialetti_io_donna_567d18ea-9892-11de-b8d4-00144f02aabc.shtml
Achì o metìn ancje il leam a "Il giornale del Friuli" che al ripuarte un pocjis di letaris di rispueste ai atacs cuintri dal furlan che a son stadis publicadis dal Messaggero Veneto domenie ai 6 di Setembar.
www.ilgiornaledelfriuli.net/2009/09/06/friulano-si-friulano-no-friulano-spreco-un-po-di-interventi-dal-messaggero-veneto-dite-anche-voi-la-vostra/
Chest chi, invezit, al è il leam al sît su lis minorancis linguistichis de Provincie autonome di Trent che al segnale la nestre iniziative.
www.minoranzelinguistiche.provincia.tn.it/news_minoranze/notizie_nazionali/pagina80.html
NICOLA SACCOMANO
Mi dissocio totalmente da quanto il settimanale "L'espresso" ha pubblicato. Eviterò accuratamente di acquistarlo in futuro!
Purtroppo in Italia non si ha ancora che capito che il friulano è una lingua, rispiecchiante l'identità di un popolo ben preciso, quello friulano, appunto!
In Italia non si ha ancora che capito che nel 1866 gli Italiani non hanno liberato il Friuli dall'invasore, ma sono venuti ad invadere il Friuli!
MANDI
SILLA STEL
Noto con dispiacere (per la sua rivista) che nulla è stato pubblicato a rettifica degli errori contenuti nell'articolo di Cerno "We speak Furlan" (al quale con casuale tempismo si è accodato "Io donna" del Corriere), nè avete dato spazio alle puntuali ed auterovoli rimostranze inviatevi da molte associazioni e personalità.....
se questo è il vostro modo di informare, dialogare, aprire dibattiti....allora è proprio il caso di rivolgersi ad altre riviste e giornali...
Dott.ssa Stel Silla
ELENA DE SANCTIS
Egregio Direttore,
Mi associo alle numerose lettere di protesta che avrà ricevuto riguardo all'articolo di Tommaso Cerno su L'espresso, e riguardo all'articolo apparso su "Io donna" del 5/09/09. E' vergognoso che una testata così autorevole si sia prestata a infimi e spregevoli giochi politici, prendendo come capro espiatorio i friulani, la loro millenaria cultura, la loro lingua.
Caro signor Marzio Mian, la civiltà friulana NON è affatto scomparsa; la Sua PERSONALE SENSAZIONE, il ritenere malinconico bere un "tai" in compagnia di un collega della stessa regione, NON INTERESSA A NESSUNO. O forse è più trendy sgranocchiare salatini durante la happy hour milanese (con tutto rispetto, naturalmente, per tale iniziativa), ora che è riuscito a scrollarsi di dosso il senso di inferiorità e l'odore della campagna?
Distinti saluti,
Elena De Sanctis
XAVIER LAMUELA
Gentile Direttore,
Sono davvero stupito di aver trovato nelle pagine del vostro settimanale
il prodotto d'infima qualità dal titolo, grottesco, "We speak furlân". Vi
si trova una mancanza completa di ragionamenti, nella presunzione che i
lettori condividono i pregiudizi dell'autore; è contraddistinto dal
disprezzo della lingua friulana, delle leggi italiane e delle decisioni
democratiche prese dai friulani; riflette l'ignoranza assoluta delle
politiche linguistiche in atto in diversi punti d'Europa e del mondo
intero. Per non parlare della maniera di intendere il giornalismo:
trascuratezza deliberata della precisione delle informazioni, accuse
generiche e comunque non dimostrate, decontestualizzazione tendenziosa
delle citazioni...
Spreco di denaro è pagare i giornalisti perché screditino in questo modo
il proprio giornale.
Cordiali Saluti.
Xavier Lamuela
Professore ordinario di Filologia romanza
Università di Gerona
GIANCARLO CASTELLARIN - I PART
Gentile Redazione dell’ Espresso, alla cortese attenzione di Daniela Hamaui
A dir poco sconcertato, ho appena terminato di leggere l’articolo pubblicato sul settimanale da Lei diretto, edizione del 3 settembre 2009, firmato dal giornalista Di Tommaso Cerno. Titolo dell’articolo “We Speak furlan”, con perfino l’errato accento circonflesso sulla “a” di furlan. Sottotitolo “In Friuli il dialetto è già legge”.
Sicuramente il giornalista Cerno è uno di quei personaggi che rifiutano e si disturbano udendo parlare in lingua friulana, non per le razionalizzanti motivazioni politiche di certi ex militanti di Alleanza Nazionale, ma semplicemente per un moto di intolleranza interiore verso una diversità non accettata. Situazione che si riscontra qua e la nella nostra regione che coinvolge perfino il Consiglio Comunale di Trieste, ed esponenti della Pordenone bene. Eppure prendendoci la briga di farsi spiegare dalla Redazione di un giornale come l’Espresso che non manca a volte di essere brillante e non tralascia certo lo stile, ci si chiede come abbia potuto lasciare passare un articolo dai toni così denigratori, dal contenuto dilettantesco, approssimato , non senza sguaiatezze e polemico. Certo come dice la Prof. Fachin Schiavi in Italia permane ancora l’deologia del monolinguismo mentre altri paesi hanno già adottato i bilinguismo e perfino il trilinguismo. E’ per questo che permane questa sostanziale ignoranza linguistica nel nostro paese .
Con un imperdonabile ritardo di 50 anni e su pressione della Unione Europea, nel 1999 fu approvata dal Parlamento italiano la legge 482/99 con cui si dava attuazione all’art.6 della Costituzione italiana e si riconoscevano e si tutelavano, finalmente anche in Italia, le minoranze linguistiche. Tra le 12 minoranze linguistiche storiche riconosciute e tutelate da questa legge, c’è anche il popolo friulano. Questa legge all’epoca fu votata dalla sola sinistra italiana. E oggi il suo settimanale, con la scusa di attaccare la Lega Nord, che per altro allora votò contro questa legge di tutela, sferra un attacco, non accettabile, alla minoranza linguistica storica friulana la cui lingua nell’articolo a firma di Di Tommaso Cerno, è perfino definita “dialetto” e la cui miserrima tutela viene presa ad esempio dello spreco di denaro pubblico che si avrebbe con le proposte della Lega Nord. Anzitutto mi spiega cosa c’entra la tutela della minoranza linguistica storica friulana con la valorizzazione dei dialetti italiani? Questo articolo, a mio giudizio ovviamente, è solo l’ennesima campagna stampa contro la tutela della lingua friulana.
La cifra indicata nell’articolo di qualche milione anno di Euro dal vostro giornale, se fosse vera, in una regione che manovra almeno 6 miliardi di EURO anno non è assolutamente un problema, dove poi se ne spendono molti di più specialmente a Trieste per mero consumismo pseudo culturale o anche per finanziare deficit allegri in altre regioni facendo da cassa all’Amministrazione Centrale. Questa rispetto al bisogno reale di settocentomila Friulani più i due milioni di emigranti, ancora attaccatissimi alla friulanità, di conservare e sviluppare la loro lingua in modo tecnicamente competente non sembra affatto un spesa inutile ma una investimento ad alto valore aggiunto. Solo il rampantismo provinciale e disinvolto della prosa di Cerno può trovarci sconvenienze. Discorso che vale anche per il famoso vocabolario, dove giustamente si sono voluti usare i mezzi tecnici più avanzati, e le competenze più aggiornate e raffinate, metodo copiato poi anche dal vocabolario svedese.
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GIANCARLO CASTELLARIN - II PART
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Ma la realtà, Direttore, purtroppo è ben diversa. La legge 482/99 è di fatto svuotata e quasi del tutto priva di finanziamenti. Nel 2009 arriveranno in Friuli – Venezia Giulia solo 452.602 euro (per l’anno 2008 erano 1.169.677 euro) per tutte e tre le minoranze riconosciute (sloveni, friulani germanofoni). La comunità friulana, composta da oltre 700 mila persone, avrà a disposizione appena 300.672 euro: 45 centesimi a persona per garantire i diritti linguistici che la legge 482/99 riconosce ai friulani. E la regione Friuli – Venezia Giulia, con finanziamenti regionali, finanzia con 600 mila euro i progetti scolastici e 200 mila euro trasmissioni televisive. Null’altro. Dove sono i cospicui finanziamenti di cui si favoleggia nell’articolo a firma di Di Tommaso Cerno? Dove in questo articolo viene denunciato lo svuotamento di fatto della L.482/99 e il mancato rispetto dell’art. 6 della Costituzione italiana?
Non si preoccupi Direttore, noi friulani vogliamo uscire dal quella condizione che la Rosi Bindi ci ricordava “ voi in Italia non contate niente” e dato che siamo strutturalmente molto eccentrici rispetto ai palazzi di potere di questo sistema, possiamo salvarci anche mobilitando le risorse morali che ci vengono direttamente dalla nostra identità che cerchiamo di salvaguardare in modo dinamico e dalla quale ci viene direttamente l’ impegno alla qualità e alla serietà.
Giancarlo Castellarin
ROBERTA MICHIELI
Gentile Redazione dell’ Espresso
alla cortese attenzione di Daniela Hamaui
Solo ora ho a disposizione un computer per potervi scrivere. Con la presente desidero aderire all'iniziativa del Comitato 482 contro l'offensivo e diffamante articolo da voi pubblicato contro la tutela della lingua friulana (L'Espresso - 3 settembre 2009) a firma di Tommaso Cerno.
Ho letto con rammarico e disappunto l'articolo "We speak furlân" di Tommaso Cerno pubblicato dalla sua rivista, un articolo zeppo di errori, affermazioni false o apertamente diffamatorie nei confronti della comunità linguistica friulana. Trovo francamente intollerabile che il suo giornale sostenga le tesi faziose e discriminatorie esposte nel'articolo. I diritti linguistici sono, infatti, parte integrante dei diritti umani fondamentali. Per questo voglio esprimere la mia indignazione per questo attacco da parte del suo giornale ai diritti linguistici dei friulani e, di conseguenza, anche a quelli delle altre comunità
minorizzate che si trovano nello Stato italiano.
Spiace constatare che un settimanale come quello da Lei diretto, che per altro ha ospitato articoli e inchieste importanti, questa volta si sia abbassato ad ospitare un articolo-spazzatura che ritengo squalifichi il vostro gruppo editoriale.
Cordiali Saluti.
Roberta Michieli
Udine
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