02/08/08
Fantasimis a Pordenon
Dopo de decision di Bolzonello e dal consei comunâl di Pordenon di gjavâsi de aree furlanofone e dineâ la furlanetât dal cjâflûc dal Friûl Ocidentâl, la citât dal Noncel e je stade invadude dai spirts... Almancul al è ce che si lei te biele letare di Ubaldo Muzzati publicade vuê sul Messaggero Veneto. Lait a lei il prin coment.
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4 commenti:
SABATO, 02 AGOSTO 2008
Pagina 17 - Udine
E in più c’è il diritto di veder valorizzare ogni tipo di parlata anche quelle dialettali
Anche a Pordenone si parla friulano
DIBATTITO
di UBALDO MUZZATTI
Deve aver ragione il consigliere regionale Piero Colussi: per Pordenone si aggirano dei fantasmi, degli spiriti umbratili visibili e udibili solo ad alcuni e in determinate circostanze. Io, per esempio, mi trovavo mesi addietro all’auditorium Concordia per la ricorrenza dell’istituzione della Provincia, l’allora presidente della Regione Illy ritardava il suo arrivo, per cui dovetti abbandonare la sala. Mossomi verso il parcheggio mi giunse all’orecchio il suono di un eloquio friulano. Tirai dritto ovviamente, ma nella penombra mi parve di riconoscere, in fraterno conciliabolo, due persone note, l’una per essere stata sindaco di Casarsa, l’altro per sedere allora, come ora, sugli scranni del consiglio regionale, oltreché per la sua meritoria opera nel campo culturale. Ora, se Piero Colussi conferma che a Pordenone nessuno parla friulano, debbo concludere di aver incontrato proprio dei fantasmi. E non solo in quell’occasione, perché al mercato e sotto i portici della città, contrariamente a quello che afferma il consigliere, capita sempre di cogliere qualche brano in marilenghe. Saranno quei residenti che, incuranti dei pogrom cittadini contro il friulano, eruttano ancora il «ce fastu» che tanto impressionò il sommo poeta; saranno i paesani che scendono in città e che, irriverenti o sprovveduti, «a fevelin cence rispiet» come fossero a casa propria e non già nel capoluogo (anche se il loro in fondo). Sarà, infine, quel fenomeno psicologico che porta ognuno a sentire, o non sentire, quello che più gli aggrada. Per cui il dottor Colussi, al mercato di Pordenone, non sente mai parlare in friulano, mentre altri, sotto i portici del corso, lo sentono benissimo tutti i giorni. Si badi, con questo non si vuol dire che i pordenonesi sono significativamente friulanofoni, ma solo che in città risiedono, da sempre e non pochi, anche dei friulani e che vi affluiscono, prima o poi, visto il ruolo di capoluogo, tutti gli abitanti della provincia. Così non è per Fontanafredda e Polcenigo che, effettivamente, possono decidere per sé sole non ricoprendo il ruolo istituzionale di Pordenone. Questa differenza fondamentale pare sfuggire del tutto al consigliere Colussi, ma per fortuna non a tutti, anche tra i pordenonesi Doc. Non di meno sono convinto che Piero Colussi si sia assunto l’onere di difensore della pordenonesità in buona fede, ma perché non coniugare in positivo questo sacrosanto diritto? Invece di contrastare la parlata degli altri, che in questo caso significa un discreto numero dei propri cittadini, buona parte dei co-provinciali e degli avi, Pordenone dovrebbe rivendicare il diritto a veder riconosciuta anche la propria, quale variante caratteristica di un più ampio sistema linguistico storicamente radicato in diversi ambiti della regione Friuli Venezia Giulia, oltreché nella regione da cui prende il nome. Essendo le lingue e le parlate, anche minoritarie, tutelate da leggi internazionali, nazionali e regionali, utilizzarle, difenderle e promuoverle è un diritto; contrastarle è un delitto. Molti, anche di elevato livello scolare, agiscono contro le lingue e culture altre, invece di esercitare il diritto di coltivare e sostenere quelle proprie o comunque gradite. Se Pordenone, invece di disperderle per contrastare il friulano, concentrasse le energie per sostenere il diritto alle proprie particolarità storico-linguistiche, i riconoscimenti non potrebbero mancare. Si guardi a Gorizia, ove la toponomastica e la cartellonistica, che tanto preoccupano l’amministrazione pordenonese, sono addirittura trilingue e uno dei loro eletti al consiglio regionale ha giurato in italiano, sloveno e friulano. Pordenone, invece, a dispetto del proprio simbolo, vuole richiudere le porte e continua ad attendere timorosa un improbabile assalto dei tartari nella sua fortezza Bastiani, nel mentre un buon numero di questi barbari passeggiano pacificamente sotto i portici di corso Vittorio, vengono in città per svariate ragioni e molti hanno qui la loro casa. E pensare che se qualcuno intraprendesse un’azione positiva per il pordenonese, anziché negativa per il friulano, molti friulani sarebbero pronti a dare una mano, perché chi ama la propria lingua e la propria cultura rispetta quelle degli altri e nel bisogno non fa mancare la propria solidarietà. Nel mentre le voci contrarie sarebbero limitate alle solite frange integraliste assolutamente marginali, al massimo 481.
Cordenons
Oh là: si tache a dâ la juste dimension ae decision dal consei comunâl di Pordenon: di "ocasion pierdude" a "grande monade".
E grant Muzzatti!
Cualchidun si sarà ancje domandât ce che al à scrit il conseîr Piero Colussi par stiçâ cheste rispueste di Ubaldo Muzzatti... la sô e voleve jessi une rispueste a di un comunicât mandât fûr propit dal Comitât 482.
Chi che al è l'intervent di Colussi su "Il Gazzettino" - edizion di Pordenon - dai 17/07/2008.
L’INTERVENTO
Friulano a Pordenone La lingua fantasma
di Piero Colussi (*)
Con l'arroganza che gli è consueta il Comitato 482 sferra un violento attacco contro il Consiglio comunale di Pordenone, reo di aver deciso a larga maggioranza, come peraltro prevede all'articolo 32 la legge regionale di tutela, valorizzazione e promozione della lingua friulana, l'uscita della città capoluogo dall'area di delimitazione territoriale linguistica effettuata ai sensi dell'articolo 5 della precedente legge regionale 15 del 1996.
Come si ricorderà e come è stato riferito anche nel corso del recente Consiglio comunale, l'adesione di Pordenone all'area friulanofona avvenne su iniziativa del Sindaco di allora e dell'assessore alla Cultura, Luigi Gandi senza nessun atto formale di Giunta o di Consiglio, ma semplicemente con una lettera di richiesta di finanziamento per un'iniziativa editoriale della Biblioteca Civica.
Fin qui nulla di male vista anche l'eccellente produzione editoriale della Biblioteca di Pordenone sui poeti e sugli scrittori friulani; quella legge, infatti, voluta dal Presidente Sergio Cecotti tutelava la lingua friulana senza imporre i pesanti vincoli per i Comuni e l'aggravio di costi previsti invece dalla recente legge regionale 29 del 18 dicembre 2007. Inoltre, non prevedeva per le famiglie la necessità di comunicare, all'inizio del ciclo scolastico della scuola dell'infanzia, di quella primaria e di quella secondaria di primo grado, la "propria volontà di non avvalersi dell'insegnamento della lingua friulana", come invece prevede, a meno che la Corte Costituzionale non lo abroghi il comma 3 dell'articolo 12 di questa recente legge.
Si tratta di condizioni e ricadute sia per i cittadini che per i Comuni molto diverse: non ha senso perciò, come pretenderebbe il Comitato 482, che il Comune di Pordenone restituisca alla regione i fondi ricevuti in passato. Vero è che a Pordenone città - diversamente dai territori immediatamente contigui - il friulano non è più parlato da almeno due secoli.
Basterebbe, per rendersene conto, venire un giorno di mercato a Pordenone oppure leggersi il bel saggio dello studioso Pier Carlo Begotti nonché vicepresidente della Società Filologica Friulana "Lingue e dialetti a Pordenone pubblicato nel 1991 nel volume "Pordenone una città" voluto dall'allora sindaco Alvaro Cardin.
In fondo si tratta solamente di porre rimedio a un'evidente leggerezza ereditata dal passato e di adeguarsi in modo coerente al dettato di quella che è la legge madre riguardante la tutela delle minoranze linguistiche italiane: la 482 del 1999.
Quella legge tanto citata, che forse i coordinatori del Comitato 482 dovrebbero ogni tanto andare a rileggersi, individua il territorio di tutela di una lingua minoritaria laddove quella lingua è "tradizionalmente e significativamente" parlata.
Cosa che come ben sappiamo a Pordenone, ma potremo dire anche a Fontanafredda e a Polcenigo, non è. Parola di friulano doc.
(*) Consigliere regionale del Friuli Venezia Giulia
Italia dei Valori - Cittadini
Par rindisi cont di trop che o sin "arogants" (peraule di furlan doc!) e par confrontâ se ce che o vin dite nô al è chel stes che Colussi nus met in bocje, achì o cjatais il comunicât integrâl dal Comitât 482 (che, par altri, al riclame il coment che o vevin za fat sul argoment su chest blog).
UN'OCCASIONE PERSA PER PORDENONE
L’art. 32 della nuova legge regionale per la lingua friulana (29/2007) prevede che i Consigli comunali possano chiedere con apposita delibera l’uscita del loro territorio dalla zona delimitata come friulanofona in cui la legge deve essere applicata. Di tale possibilità si è avvalso il Comune di Pordenone con il voto di lunedì scorso.
Manca – è stato detto per motivare tale decisione – un atto formale dell’amministrazione comunale pordenonese che attesti l’appartenenza del Comune di Pordenone all’area friulanofona e, dunque, il suo inserimento nell’area di applicazione della precedente legge regionale 15/96 risulta arbitrario. Inoltre – si è anche detto – l’applicazione della legge costerebbe troppo: “non meno di un milione di euro”!
La questione però è un’altra. A Pordenone quanti sono i cittadini friulanofoni residenti nel territorio comunale e quanti sono i friulanofoni che, arrivando dal resto del territorio provinciale, vengono quotidianamente o periodicamente in città e ne utilizzano i servizi? Se non ce ne sono, allora il Consiglio comunale ha avuto ragione ad approvare la delibera in oggetto, però negli anni scorsi le amministrazioni pordenonesi si sono comportate in maniera scorretta percependo finanziamenti che non gli spettavano. Se, invece, ce ne sono, allora con questo atto si cerca di negare loro i diritti previsti dalla Costituzione della Repubblica italiana, dalla legge statale 482/99 e dalla normativa europea sulle minoranze. Un atto, quindi, davvero grave, come tutti quelli che colpiscono i diritti dei cittadini. Sono i friulanofoni pordenonesi una piccola minoranza? Ma, di grazia, lo scopo delle leggi di tutela non è proprio quello di difendere le minoranze e le comunità in condizione di minorizzazione? Quale sarà la prossima minoranza (linguistica, religiosa, sessuale, sociale, ecc.) su cui si abbatterà la scure della maggioranza?
Inoltre, in un periodo in cui i problemi economici sono evidenti a tutti, è facile addurre la ragione dei costi per cancellare dei diritti. È bene però considerare che con la stessa logica che oggi colpisce i friulanofoni, domani si potrebbero colpire ben altre realtà… E poi, siamo davvero sicuri che l’applicazione della legge a Pordenone richiederebbe investimenti come quelli suggeriti durante la discussione di lunedì? Noi crediamo che la realtà sarebbe molto diversa: perché si tratta di una legge la cui applicazione è a “geometria variabile”; perché le spese saranno diluite negli anni; perché tutta una serie di servizi possono essere gestiti in comune da più amministrazioni con un conseguente abbattimento delle spese; perché sono previsti finanziamenti esterni; ecc.
C’è però un’altra cosa che ci preme sottolineare. Pordenone è capoluogo di una Provincia il cui territorio è in larga parte friulanofono. Come può, dopo questa decisione, pretendere di rappresentare degnamente tutti coloro che nel Friuli occidentale hanno il friulano come lingua propria? Allora avevano ragione quei Comuni che si erano battuti contro l’istituzione della Provincia di Pordenone? Una Provincia il cui capoluogo li considera – perlomeno linguisticamente – cittadini di seconda categoria…
Con la delibera di lunedì, crediamo che il Consiglio comunale di Pordenone abbia perso una grossa occasione. Un’occasione per approfondire le possibilità offerte da una legge che molti continuano ad attaccare senza nemmeno conoscere, ma soprattutto per difendere i diritti linguistici di una parte dei suoi concittadini e per proporsi come degno rappresentante di tutta la Provincia.
Udin, 12/07/2008
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